“. . . la casa mi sembrava importante – se non altro perché veniva trascurata – come sintomo di uno stato mentale che, altrimenti inaccessibile, si manifestava in immagini concrete del comportamento inconscio. La casa diventò la metafora della vita di . . . una rappresentazione esatta e fedele del suo mondo interiore . . . In sé le cose non significano nulla, come gli utensili da cucina di una civiltà scomparsa; e tuttavia ci dicono qualcosa, imponendosi non in quanto oggetti, ma come avanzi del pensiero, della coscienza, emblemi di una solitudine ove l’uomo giunge a prendere le decisioni personali; se tingersi i capelli oppure no, se indossare l’una o l’altra camicia, se vivere o morire. E la futilità di tutto questo quando arriva la morte...”
P. Auster, L’invenzione della solitudine, Einaudi, Torino 1997
Il lavoro che Vi presento è un progetto tuttora in fieri, sulla rappresentazione dei luoghi delle persone che vivono da sole (dette Singles), dedicandomi in particolar modo a quelle d’età compresa tra i 30 e i 50 anni.
In un primo momento, ho utilizzato spazi e oggetti come canovaccio per un’improvvisa elaborazione fatta di diversi gradi di consapevolezza, come un gioco tra me e il soggetto, nell’intento di rubare all’inconscio un’espressione, accentuando il tutto attraverso l’uso del Crossing.
Oggi invece, scelgo di mettermi a disposizione dei soggetti, per realizzare i ritratti che “desiderano”, ed in cui meglio si vedono rappresentati, nell’intento di indagare la loro idea d’immagine di sé e dei loro luoghi. Per fare questo, dopo averne individuati alcuni chiedo loro di riflettere (attraverso un questionario) su: quali siano gli spazi, gli indumenti e gli oggetti, che più spesso utilizzano, e con quali ed in quali vorrebbero essere rappresentati. Da quel momento, li incontro più volte per parlare delle loro riflessioni, dopodichè mi limito a realizzare queste immagini, senza altro intervento alcuno, se non quello del mio sguardo.
La mia ricerca affonda le sue radici: nel costante senso di solitudine che la modernità propina; dall’osservare la costante crescita d’individualismi, e da un gioco che da piccolo facevo, che era quello di costruirmi con un lenzuolo ovunque andassi, una capanna dalla quale osservare il mondo sentendomi protetto. |